“Dentro l’acqua” di Paula Hawkins (Piemme)

Io sono figlia unica, quindi il trauma del secondo fratello non l’ho mai vissuto. (Ma le figlie uniche soffrono il trauma del terzo incomodo, quindi non pensate che sia venuta su equilibrata). 🙂 Quando La ragazza del treno, sempre della Hawkins, era il primo e unico figlio dell’autrice, l’ho amato molto. A parte il finale un po’ pulp, l’ho trovato molto ben scritto e ben pensato. Poi è arrivato il secondogenito e, come accade spesso, mi aspettavo di più. Ma in realtà anche questo è molto ben scritto e ben pensato. Con una interessante idea di fondo, e persino con lo stesso difettuccio del fratello: il finale non è all’altezza. In questo caso non perché sia pulp, ma perché, secondo me, seppure ben dosato e coi tempi giusti, le ultime righe sono raccontate quasi con stanchezza.

Resta comunque un thriller godibilissimo, che ho letto volentieri. Anzi, devo dire che la Hawkins è stata bravissima a coinvolgere un numero notevole di personaggi senza mai e poi mai produrre confusione in chi legge. Io sono una che, quando vede troppi personaggi, si preoccupa: so che non ce la farò mai a ricordarmi chi è chi, e chi fa cosa. Invece qui ho fatto conoscenza con ciascuno di loro senza la minima fatica. Ecco, però mi viene in mente che in Dentro l’acqua non mi sono affezionata sul serio a nessun personaggio e questo, dal punto di vista letterario intendo, è un peccato.

Insomma, sì, questo secondo figlio della Hawkins ha gli occhi meno belli del primo, è un po’ più bassetto e vagamente cagionevole, ma porta comunque in sé un discreto dienneà.

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