“Il fosso” di Herman Koch (Neri Pozza)

Di Koch (non quello del bacillo: lo scrittore) avevo letto La cena e Odessa Star, e mi erano piaciuti entrambi. Di più La cena.

Il fosso è un bel romanzo. Molto.

Ottima scrittura, e splendida traduzione di Giorgio Testa.

Il protagonista, sindaco di Amsterdam, è un personaggio raccontato con profondità quasi divinatoria. Si entra nella sua mente, nei suoi meccanismi spesso biechi, e ci si sente a casa, si conoscono tutti i cassetti, le antine, persino lo sporco sotto il tappeto.

Un uomo pensa che sua moglie lo tradisca. Non ne ha nessuna prova concreta, ma il sospetto diventa ossessione. E, fino a metà romanzo, non accade nulla, se non nella sua testa. Poi, improvvisamente, tutto si muove, scricchiola, precipita, travolge. Alcuni pezzi del puzzle, che l’autore ha sparso in sapiente disordine, trovano il loro posto. Altri, no. Al lettore (o perlomeno, a me) restano dubbi, ma di quei dubbi stuzzicanti, che fanno proseguire la lettura del romanzo anche giorni dopo la parola fine, anche a libro chiuso.

Bello, Il fosso, mi è piaciuto proprio. Herman Koch tra l’altro – sono andata a cercare la sua immagine su Google – ha una bella faccia, intelligente e sorniona, da vecchio gattone, che mi ha reso ancora più gradito il suo romanzo.